
(Di Tomaso Montanari – ilfattoquotidiano.it) – Tra le sue eredità avvelenate, l’era Renzi-Franceschini ci ha lasciato l’assuefazione alla privatizzazione selvaggia del patrimonio culturale della nazione. Pare ormai normale che un patrimonio faticosamente e sanguinosamente transitato dal godimento di pochissimi a quello di tutti sia da ultimo tornato a deliziare in esclusiva i più ricchi e potenti. La crisi della democrazia, la distruzione dell’eguaglianza, il disprezzo per il lavoro (vedi il precariato osceno su cui poggia il patrimonio) e il culto della rendita sono ora accompagnati dalla legittimazione della bellezza per pochi: se sei Madonna puoi goderti Pompei da sola e di notte, e puoi perfino ballare in una domus romana (così pare). Può darsi che il senso comune trovi tutto questo normale, perfino giusto: la legge del Marchese del Grillo è fatta propria dal popolo che torna plebe. E poi, in un tempo che confonde prezzo e valore, l’importante non è forse che i ricchi paghino? Non importa se poco, pochissimo, quasi nulla. Tanto, poi, tra reticenze e silenzi stampa, chi sa con esattezza come è andata?
Ecco, questo è il punto. Vogliamo prostituire le nostre pietre, e dunque la nostra anima? Va bene (no, va malissimo!), ma almeno che il popolo sovrano sappia come stanno davvero le cose. Faccio mio l’invito magistrale di Fabrizio De André: “ai protettori delle battone | lascio un impiego da ragioniere | perché provetti nel loro mestiere | rendano edotta la popolazione | ad ogni fine di settimana |sopra la rendita di una puttana”; laddove la puttana è il patrimonio, s’intende.
E allora ecco la richiesta al ministro Sangiuliano: se proprio vuole ostinarsi a camminare sulle orme del suo predecessore, lo faccia almeno con questo impegno da ragioniere. Che sia obbligatorio sapere tutto: quanto ogni cliente ha pagato; cosa esattamente ha comprato; quali servizi, quali prestazioni, quali performance e quale il menu; quali le usure, e gli eventuali danni, e quanto si è speso per ripararli; quanto tempo si è chiuso il sito al pubblico. Il patrimonio è il corpo eterno della nazione: la quale ha il diritto di sapere. Almeno questo: per capire se, almeno, ne vale la pena. E la vergogna.