Figlio di quel risentimento che la premier e la sorella Arianna hanno ereditato dall’ambiente in cui sono cresciute, e di recente convertito in vittimismo, funziona come utile distrazione riguardo agli affari di un governo che va maluccio. E come messa di mani avanti rispetto a qualche imprecisato impiccio

(di Filippo Ceccarelli – repubblica.it) – Niente paura, quello che Giorgia e Arianna Meloni hanno forse pianificato e comunque avvalorato rimane al momento un complotto di sicurezza, quindi precauzionale, approssimativo, di famiglia e di masseria, un tipico complotto all’italiana. Figlio da un lato di quel risentimento che le sorellone d’Italia hanno ereditato dall’ambiente in cui sono cresciute e di recente convertito in vittimismo; dall’altro funziona come utile distrazione mediatica riguardo agli affari di un governo che va maluccio, e insieme messa di mani avanti rispetto a qualche imprecisato impiccio che nella vita pubblica non manca mai e che nei partiti-famiglia tutti si aspettano più prima che poi.
Ora, nella storia l’essenziale non è mai invisibile e cercare ipotetici complotti e ancora di più accennarvi con sdegno è un modo per non guardare alle proprie responsabilità. Ma l’indeterminatezza della denuncia — «vogliono indagare Arianna», vogliono far cadere il governo — riflette in genere la fragile incertezza di un potere, il suo costante agitarsi in una presunta trama di manovre che sconfina in una forma di paura e in una deriva cospirativa che da più parti può anche farsi coincidere con la paranoia. L’odierna società, secondo gli ultimi due rapporti del Censis, ne è certamente malata, per quanto con effetti sconcertanti.
Nel caso specifico, per esempio, è curioso che nel lanciare l’allarme la presidente del Consiglio abbia richiamato la vicenda di Berlusconi, a sua volta preteso bersaglio di svariatissimi complotti (istituzionali, giudiziari, cortigiani, internazionali): ma che lei stessa due anni orsono accusò di tramare nell’ombra contro il suo nascente governo: «Non sono ricattabile» fu la cruda formula.
Altrettanto sorprendente è poi l’individuazione, quale ispiratore della supposta congiura, di quel medesimo Renzi che per proprio conto, da tempo e con insistenza, va evocando congiure di magistrati ai suoi danni — e che già nel 2018, allegramente ma significativamente volle augurare «buon complotto a tutti».
Quanto alle condizioni meteo-stagionali, varrà la pena di segnalare che in estate Meloni ha un debole per la denuncia cospirativa, vedi analoghe sortite nel luglio e nel settembre dello scorso anno, quando alle prese con i casi Delmastro, Santanché e Apache (La Russa), accusò «un certo potere costituito» e poi «i soliti noti» di lavorare per la caduta del suo governo.
In realtà, e senza soverchie pedanterie sul ruolo effettivamente esercitato da sorelle, cognati, famigli ed ex compagni recuperati per le vacanze, è pur vero che il complotto nasce con la storia e quella d’Italia può leggersi come una sequela ininterrotta di fantasmi che reggono e determinano gli eventi in un profluvio di forze oscure e temuti golpe, grandi vecchi, santuari, menti raffinatissime, poteri forti e occulti, manine e manone, macchine del fango; e via andare, di tutt’erba un fascio, dall’assassinio Pasolini al Britannia delle privatizzazioni, dalle toghe rosse al papiello della trattativa, dal piano Kalergi al televoto di Sanremo passando per Emanuela Orlandi, Vatileaks, Telekom Serbia, le amiche baresi del Cavaliere, la tecnocrazia dello spread, i frigoriferi abbandonati a Roma, fino ai vaccini, alle scie chimiche e ai microchip sottopelle.
In egual misura pretesto e luogo comune, scorciatoia, mito, credenza ed espediente per fregare il prossimo, ecco che il complotto e la sua ricorrente evocazione hanno accompagnato ormai due, forse tre generazioni di giornalisti divenuti necessariamente scettici, se non perdutamente negazionisti — e forse addirittura a torto perché non c’è strategia che implichi un qualche grado di segretezza. Ma in Italia si esagera sempre e Meloni ci mette del suo, anche se bisogna riconoscere che Berlusconi aveva più costanza e inventiva.
Dagli e dagli, in attesa della trama definitiva da individuare e da smascherare, nel linguaggio e nella cultura giovanile il periodico allarme viene parodiato secondo l’irresistibile formula usata da Aldo Biscardi al Processo del lunedì: «Gomblotto». In questo senso è possibile che, insieme alla solita commedia, la faccenda abbia a che fare con la malattia nazionale del melodramma, là dove i cattivi dell’opera lirica sono cattivissimi e le loro vittime sempre innocenti.
In questo senso dice molto una preziosa dichiarazione di solidarietà dell’onorevole fratello d’Italia Salvatore Caiata per cui «l’effluvio di parole come coltelli di una penna» (sic) fanno male ad Arianna, «che prima di essere una politica è una donna e una mamma».