Due mandati

(Giuseppe Di Maio) – La convinzione che la società italiana sia una fonte inesauribile di elementi probi, onesti, capaci, e motivati a fare qualcosa per la collettività, sta alla base del limite dei due mandati. Sfortunatamente non è così. Pur condividendo i timori di chi lo volle, dobbiamo ammettere che, continuando ad abusare di questo limite, ogni paio di legislature ci disfacciamo di una classe dirigente faticosamente composta. Buttare via alcuni elementi che hanno dato prova di onestà, aderenza al mandato, e lealtà, è un’azione suicida. Per un numero di portavoce da stabilire, e indicati dall’assemblea, c’è assoluto bisogno di un’eccezione ai due mandati. Per costoro la regola va cancellata. D’altronde la deroga sarebbe un modo diverso per applicare il recall e confermare la sovranità dell’assemblea.
Organizzazione
La composizione ideologica del M5S, variegata e contraddittoria, ha composto associazioni territoriali (meetup prima, GT ora) totalmente anarchiche. Per attenuare questa deriva il Presidente ritenne opportuno designare direttamente i coordinatori regionali, che però in troppi casi hanno emanato una struttura territoriale (coordinatori provinciali e rappresentanti dei GT) a loro immagine. Coordinatori e rappresentanti a cui non sono richieste verifiche minime di ortodossia, e che trasformano i gruppi territoriali (già afflitti da un numero smisurato di elementi reazionari abituati ad esprimere simpatie invece di un preciso mandato per i loro portavoce) in piccoli feudi di leghe private. Dove questo è accaduto, l’agibilità politica è stata irrimediabilmente compromessa. Si auspica l’elezione democratica di ogni rappresentante territoriale, confermando ad ogni livello la fiducia che si sbandiera nella sovranità delle assemblee degli iscritti.
Carta dei valori
La storia del Movimento ci dice che è sorto per un’esigenza corale del popolo italiano, e per rimediare alle mancanze della sinistra. La deriva conservatrice dei progressisti occidentali ha dato vita a movimenti radicali in Italia, Spagna, Grecia, etc… Le ambizioni maggioritarie di Grillo dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi trasformarono il M5S in ambidestro, ambiguo, post-ideologico. L’attuale carta dei valori corregge quest’ambizione, ma è ancora insufficiente. Non possiamo desiderare giustizia, equità, merito, opportunità e welfare, sperando in una lotta neutra contro il Capitale e i suoi tirapiedi. Noi combattiamo le destre: quella reazionaria e quella conservatrice, e siamo dunque la sinistra, l’unica del panorama politico italiano; nati per sostituire la classe dirigente del progressismo storico, e ormai del tutto abusivo. Dobbiamo scrivere senza sottintesi nella nostra carta, che il M5S lavora per diminuire concretamente la disuguaglianza sociale.
Alleanze
Combattere le destre non significa essere loro alleato. Non dobbiamo più avere ambizioni maggioritarie e frontiste, ma avere a cuore solo gli obiettivi, il programma. Dal PD, creatura ambigua dell’universo conservatore, si sono staccate due formazioni che votano con la destra reazionaria al governo e che approfittano dello scontro tra forze alternative. Il PD li vuole dentro per porsi al centro dell’alleanza e dominare la politica della coalizione. Noi non abbiamo bisogno di loro, poiché rischiamo di alienarci l’elettorato sinceramente radicale. Se Renzi e Calenda saranno scartati dall’uno e dall’altro fronte, spariranno, e smetteranno per sempre di ricattare gli schieramenti politici realmente alternativi.
Sebbene persi nel mare magnum delle proposte e dei commenti.