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Safieddine, la debolezza di Kamala e la pace

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(Tommaso Merlo) – Pare Nasrallah venga sostituito dal cugino Safieddine che gli assomiglia pure e magari è anche più guerrafondaio. Quanto ad Hezbollah sarà magari anche scossa ma di certo mai così determinata. Alla notizia della morte di Nasrallah, a Washinton hanno stappato bottigliette di birra, tipo quando uccisero Bin Laden convinti di aver risolto il problema e poi ci siamo ritrovati i jihadisti in casa. Se i problemi si risolvessero con la violenza, questo mondo sarebbe un paradiso invece che un inferno. Anche a Tel Aviv hanno brindato all’ultimo scalpo di una strage di nemici che dura da un anno, pazienza se al momento l’unico risultato ottenuto è l’ostilità ormai mondiale e spendere le notti nei bunker in attesa del karma, non vedono alternative alla violenza. Quanto alla resa dei conti finale, dipenderà molto dall’Iran che finora ha ingoiato più o meno tutto dimostrando di non volere la guerra. Sono del resto impegnati ad aderire ai Brics e temono l’intervento diretto degli americani. Allo stesso tempo però, se non fanno nulla rischiano la faccia coi movimenti che ispirano in tutta la regione. Hanno parlato di invio di truppe e vedremo. L’unica cosa certa è che dopo oltre trent’anni scompare un protagonista della scena mediorientale nel bene o nel male, Nasrallah era un leader politico ma anche religioso liquidato come bieco terrorista come se i metodi degli americani e degli israeliani siano molto migliori. Sarebbe ora di chiamare la guerra terrorismo e chiunque la faccia un terrorista, così perlomeno evitiamo ipocrisie. Poi ci sono i nemici e Nasrallah era certamente uno dei più temuti dall’Occidente perché intelligente e talmente devoto alla causa da vivere sottoterra per decenni. Anche se evidentemente non abbastanza in profondità da evitare l’impatto delle devastanti bombe anti bunker Made in Occidente. Ormai le macerie sono tali che sotto ci sta finendo un’epoca, quella della leadership americana. Quella dell’egemonia dei soldi e della forza militare che sta trasformando il pianeta in un sanguinario campo di battaglia. Ormai la parola pace non si sente nemmeno più e chi osa proferirla viene marchiato come debole o illuso. Eppure la pace è roba da forti, la guerra da deboli. E l’alternativa è l’autodistruzione. In attesa di Safieddine o chi per esso, anche a Washington si attende l’avvicendamento al vertice. Trump è incredibilmente ancora in corsa. Nessun merito suo, tutto demerito di Kamala Harris che arranca nonostante lo spudorato supporto dell’establishment, di tutti i media mainstream e dei vip a stelle e strisce. Kamala sta pagando il cieco sostegno alla guerra in Ucraina che i cittadini americani non capiscono e non vogliono. Sono stanchi di vedere i loro soldi finire in conflitti inutili mentre loro tirano la cinghia. Putin poi a destra non dispiace affatto e quindi nemmeno a Trump che ha promesso di chiudere il rubinetto a Zelensky e perfino di metter mano ad una Nato che gli va di traverso. Musica per molte orecchie. Kamala paga poi carissimo anche il genocidio a Gaza, l’elettorato democratico si rifiuta di essere complice dell’orrore del secolo. Le manifestazioni di protesta durate mesi sono state il sintomo di un malessere profondo e diffuso. Ma da vice del presidente più sionista di sempre, Kamala si è accodata nascondendosi dietro alle solite frasi fatte. Kamala si sta rivelando una figura organica all’establishment e senza nessuna capacità o velleità politica individuale alternativa, una specie di funzionaria che asseconderà il volere delle lobby come prevede il copione neoliberista. Trump invece è un cavallo pazzo e pure mentalmente ormai provato, un personaggio che giura fedeltà alla stella di David ma se un domani cambiasse il vento e gli convenisse potrebbe voler fare un “deal” perfino con Safieddine o chi per esso. Una mina vagante che invece di ungere un sistema ipocrita potrebbe incrinarlo ed è per questo che in molti ancora lo votano. Ma affinché la parola pace torni sulla bocca dei potenti del pianeta ci vuole ben altro. Deve finire l’egemonia della leadership americana ormai sommersa dalle sue stesse macerie e deve aprirsi un’era multipolare in cui possano esprimersi alla pari tutte le diverse anime dell’umanità. Un’era in cui la pace torni ad essere una scelta e pure la più intelligente perché l’alternativa è l’autodistruzione. In cui la pace torni ad essere roba da forti, non da deboli.


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