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Il problema del lavoro in Italia non è la disoccupazione, sono gli stipendi da fame

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Aumentano le tasse e salgono le accise sul diesel. In bilico gli aiuti al ceto medio. Nel Piano strutturale di bilancio la pressione fiscale cresce al 42,8% nel 2025, il massimo degli ultimi anni. L’opposizione all’attacco contro il ravvedimento legato al concordato biennale: «È un altro condono»

Il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti è impegnato con il suo staff nella redazione della prossima legge di Bilancio. Cruciali saranno le coperture

(Luca Monticelli – lastampa.it) – Mezzo punto percentuale in più rispetto al 2024, oltre un punto sul 2023. La pressione fiscale in Italia toccherà quota 42,8% nel prossimo anno. E sarà stabile a quel valore almeno fino al 2026. Lo schema di base, a legislazione vigente, è contenuto a pagina 189 del Piano strutturale di bilancio. Nonostante le promesse, il carico tributario del prossimo triennio sarà a ridosso del 43%, il massimo degli ultimi anni.

E c’è un’altra promessa del centrodestra destinata a saltare: l’abolizione delle accise sui carburanti. Nel Psb il governo annuncia un riallineamento verso l’alto delle imposte sul diesel, cancellando lo sconto rispetto alla benzina.

Le promesse disattese di Meloni

Le premesse erano altre. Almeno a parole, il governo di Giorgia Meloni aveva rimarcato che ci sarebbe stata una graduale riduzione degli oneri fiscali nei prossimi anni. La realtà invece è che la pressione tributaria media crescerà ancora. Secondo il Psb le entrate passeranno dal 46,6% del Pil dello scorso anno al 47,5% del 2025. Una variazione inferiore a quella registrata sul fronte del fardello erariale che pesa su imprese e famiglie.

Durante la riunione di luglio, più di un membro della Banca centrale europea aveva espresso «preoccupazioni» riguardo le politiche fiscali degli Stati membri, considerate «una sfida» in autunno. I timori riguardavano – «in un periodo di incertezza politica e di cambiamenti di governo», sottolineava la Bce – il consolidamento fiscale. Più di una volta, il rigore di bilancio è stato richiesto anche dal Fondo monetario internazionale. Ma, come facevano notare prima dell’estate gli analisti di Allianz, il problema non riguarda solo i conti pubblici, che devono essere in ordine. Bensì, nel caso dell’Italia, un clima burocratico in grado di essere attrattivo. Anche a cominciare da aliquote fiscali più leggere rispetto ai Paesi limitrofi. Così, a detta del Psb, non sarà.

Le proteste dell’opposizione

Intanto, l’opposizione si schiera contro le norme sul ravvedimento speciale inserite al decreto Omnibus all’esame del Senato e collegate al concordato biennale. Per il Partito democratico la norma approvata da Palazzo Madama è «una vergogna, un Robin Hood al contrario», l’Alleanza verdi e sinistra parla di «condono nel condono», mentre il Movimento 5 Stelle accusa la maggioranza di aver varato un provvedimento «penoso». Interviene anche il segretario della Cgil Maurizio Landini: «Le riforme che sta facendo questo governo aiutano gli evasori, si sta aumentando solo la tassazione sui lavoratori dipendenti e i pensionati». Il tema del concordato sembra aver condotto il governo in un vicolo cieco. Il progetto del vice ministro Maurizio Leo – sostenuto da Fratelli d’Italia e Forza Italia – di far emergere a prezzo di saldo i redditi nascosti al fisco dalle partite Iva per recuperare gettito, e destinarlo al taglio delle tasse per il ceto medio, sembra sempre più in bilico.

La norma sul ravvedimento speciale – che consente di mettersi in regola per gli anni che vanno dal 2018 al 2022 per chi aderisce al concordato – è l’ennesima disperata mossa per rendere più attrattivo questo strumento. Con un’aliquota tra il 10 e il 15% a secondo del voto Isa (l’indice di affidabilità fiscale) le partite Iva potranno mettersi in regola con l’Agenzia delle entrate per i prossimi due anni, senza subire ulteriori controlli, e sanare anche il passato. Per tagliare l’Irpef di uno o due punti a favore del ceto medio, ovvero per i redditi tra 35 mila e 50-60 mila euro lordi l’anno, servono almeno due miliardi e mezzo.

Il taglio del cuneo fino ai 35 mila euro

Non è un mistero che sulla fattibilità di questa operazione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sia piuttosto scettico. Non a caso, nel Psb trasmesso alle Camere non si menziona in alcun modo la possibilità di sforbiciare le imposte sui redditi medio alti. Si conferma che il taglio del cuneo per i redditi fino a 35 mila euro diventerà strutturale (per i prossimi 5 anni), e sarà finanziato in parte con i 2,2 miliardi di maggiori entrate permanenti che derivano dal miglioramento dell’adempimento spontaneo. Come non è menzionato il ceto medio, nel Piano non viene citato nemmeno l’ampliamento della Flat tax caro alla Lega per i redditi da 85 a 100 mila euro.

Manca ancora un mese e mezzo al varo della legge di bilancio, quindi le risorse possono sempre essere trovate. Il Tesoro è impegnato a usare le forbici per ridurre le detrazioni. Da questo capitolo, però, più che i soldi per i l ceto medio, dovranno saltare fuori le coperture per il pacchetto famiglia.


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