Quando Giorgia Meloni dice “contro di noi parte delle istituzioni” ha certamente ragione se con il termine istituzioni si riferisce a quelle che gli stanno accanto. Coloro che lavorano negli uffici ministeriali (plotoni di capi di gabinetto, di consiglieri […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Nessun algoritmo per quanto intelligente potrà mai avere la cultura, la sapienza, la flessibilità, il fiuto, il mestiere, il pelo sullo stomaco di un capo di gabinetto”. Giuseppe Salvaggiulo: “Io sono il potere”.
Quando Giorgia Meloni dice “contro di noi parte delle istituzioni” ha certamente ragione se con il termine istituzioni si riferisce a quelle che gli stanno accanto. Coloro che lavorano negli uffici ministeriali (plotoni di capi di gabinetto, di consiglieri giuridici, di esperti a vario titolo delle materie in esame) e che, teoricamente, avrebbero l’incarico di esaminare, analizzare, compulsare ogni virgola degli atti di governo. Personaggi cui sarebbe demandato il compito di evitare che la (il) premier possa imbarcarsi in una missione albanese suicida andando incontro a sicuro naufragio. Si trasecola di fronte alla somma di superficialità, inefficienze e complessiva mancanza di buon senso che sta alla base della edificazione, lontano dagli occhi e dal cuore, di un gulag a cinque stelle (se confrontato con i gulag sotto casa). Si dirà che in questo caso prevalente sarebbe stata la volontà politica: ok, ma è possibile che nessuno nella fedelissima cerchia meloniana abbia valutato che i rischi (immediati) dell’operazione erano di gran lunga superiori ai benefici (del tutto ipotetici)? È sulla sorte, umana e giuridica, di quei sedici disgraziati tradotti in Albania che si affollano gli interrogativi. Chi li ha selezionati all’origine (immaginiamo funzionari navigati, ehm) come è possibile non si sia accorto che quattro di essi erano o minorenni o affetti da fragilità e dunque inabili alla trasferta? Ma, soprattutto, è mai possibile che apprezzati maestri del diritto, oltre che assidui frequentatori dei mille ambulacri del potere, personaggi che dovrebbero maneggiare codici e convenzioni internazionali come noi comuni mortali maneggiamo il telecomando, non abbiano avvertito pericolo alcuno in una materia talmente scivolosa? Come se invece di attenersi a una sentenza della Corte di giustizia europea si fosse trattato di tentare la fortuna al Gratta e vinci? E, per caso, qualcuno dei mandarini di Palazzo Chigi si è premurato di calcolare l’eventuale danno erariale insito nella spericolata operazione come la sorpresina nell’uovo pasquale? A questo punto la domanda sarebbe: chi ha così mal consigliato il presidente del Consiglio? Diciamo “sarebbe” perché non tralasciamo un’altra ipotesi. Quella dell’errore voluto da parte del vittimistico governo della destra per addossare alla toghe rosse l’intera responsabilità della mancata soluzione del problema della immigrazione illegale. Un po’ come Matteo Salvini che porta gli scudi umani leghisti in piazza a Palermo puntando a indignare i giudici, e al proprio martirologio incassando una trionfale sentenza di condanna. E un po’ come Antonino Monteleone che centra il minimo storico degli ascolti Rai onde, chissà, raschiare il fondo del barile provando a reclutare il pubblico dal palato horror (quelli che si fermano a guardare gli incidenti stradali o le navi della Marina Militare che girano a vuoto).