
(Tommaso Merlo) – A Gaza bombardano condomini pieni di civili, tende di sfollati, mercati. Un olocausto quotidiano frutto di viscerale odio ideologico ma anche della frustrazione israeliana. Dopo oltre un anno di sangue, Israele non ha ottenuto nulla. Checché ne dica la propaganda giornalistica infatti, a Gaza gli israeliani non stanno vincendo. Ancora si combatte nonostante una devastante superiorità di mezzi e l’assassino dei leader di Hamas mentre Israele non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi strategici. Davvero un incredibile smacco e la consapevolezza che la guerra non finirà mai. Curate le ferite, Hamas o chi per essa riprenderà la resistenza con ancora più vigore dopo quella che per i palestinesi è già una storica vittoria anche politica con la loro causa palestinese tornata al centro del mondo e Israele degradato a stato canaglia. Anche in Libano gli israeliani stanno perdendo checché ne dica la propaganda giornalistica. Nonostante anche lì stragi di civili dal cielo, il paese è rimasto unito e nel sud gli Hezbollah li stanno punendo severamente facendogli rimangiare la preannunciata invasione. Nelle precedenti gli israeliani in pochi giorni erano arrivati a Beirut, oggi dopo settimane sono fermi al confine a contare morti e feriti. Puntavano al fiume Litani per permettere ai loro sfollati di tornare in Galilea ed invece gli sfollati sono aumentati e milioni di israeliani passano ore nei bunker anche in grandi città più a sud come Haifa e Tel Aviv. La morte di Nasrallah non ha fatto che motivare Hezbollah e anche qui siamo di fronte a scene inedite. Con gran parte di Israele sotto bombardamento nemico ormai da mesi e senza che riescano a farci nulla. Un bombardamento spaventosamente preciso arrivato alla camera da letto di Netanyahu. Anche con l’Iran siamo di fronte ad una sconfitta e a scene inedite checché ne dica la propaganda giornalistica. Israele si credeva inviolabile ed invece si è riscoperto vulnerabile ai missili iraniani e l’ultimo contrattacco è stato ben al di sotto delle aspettative. Più una dimostrazione di debolezza che di forza perché ha confermato che Israele è dipendente dagli Stati Uniti non solo per il rifornimento di armi ma anche per combattere e soprattutto un grande paese come l’Iran. Ma cattive notizie per Israele giungono anche dal fronte intestino checché ne dica la propaganda giornalistica. Oltre alla devastante crisi economica e sociale, si aggiunge quella militare. Perfino il ministro della difesa Gallant si è lamentato col complice Netanyahu. Carenza di strategia e stallo. Anche qui scene e numeri mai visti di vittime israeliane ma anche di diserzioni e di soldati a frignare dagli psicologi. La violenza bruta devasta anche chi la compie. Frustrazione e disorientamento arrivate fino ai ranghi superiori al punto che alcuni analisti non escludono la possibilità che i carrarmati israeliani facciano retromarcia puntando a Netanyahu ed ai coloni con cui governa. Sarebbe la fine più spettacolare di questo anno orribile e la più salvifica per Israele che si è ficcato in un pericolosissimo vicolo cieco e solo una svolta politica potrebbe fermare quello che giorno dopo giorno appare come un plateale suicidio. Israele non è mai stato così debole ed isolato e le sue prospettive di lungo periodo sono funeree. Non è pensabile che sei o sette milioni di ebrei possano sopravvivere in terre occupate circondati da decine di milioni di arabi che li detestano e che non hanno nessun’intenzione di dimenticare o arrendersi e questo anche perché Gerusalemme è Santa anche per loro. Non ha senso soprattutto oggi che le nuove tecnologie a basso costo hanno fatto saltare i rapporti di forza ed è comunque illusorio basare la propria sopravvivenza sulla supremazia militare. La guerra aggrava i problemi senza risolverne nessuno. Il giorno che gli Stati Uniti e con essi tutto l’Occidente tireranno i remi in barca, per Israele sarà la fine. L’unica speranza per Israele è la politica e quindi il dialogo e quindi il compromesso coi palestinesi ed i paesi limitrofi. È girare pagina disintossicandosi dall’ideologia sionista come l’Europa si è disintossicata dei nazifascismi rendendola illegale e riprendendo un percorso davvero democratico. Ammettendo la sconfitta storica del progetto coloniale, purificandosi da ogni estremismo, separando religione e politica e costruendo uno stato fondato sull’eguaglianza invece che sull’apartheid e rispettoso della comunità internazionale. Un passaggio evolutivo interiore che Israele deve concretizzare politicamente al più presto se vuole sopravvivere e sempre che non sia già troppo tardi checché ne dica la propaganda giornalistica.