Il senatore Peppe De Cristofaro ieri in aula ha promesso che d’ora in poi si rifiuterà di dare il suo voto all’istituzione di nuove giornate

(di Filippo Ceccarelli – repubblica.it) – Domanda maliziosa, con rispostina incorporata: ma c’è proprio bisogno della giornata nazionale di questo, per quest’altro o contro quest’altro ancora?
Considerato che nell’ultima domenica di maggio si celebra — ma sul serio! — la giornata nazionale del sollievo, è con autentico, anticipato e partecipatissimo sollievo che qui si rende merito al senatore (rossoverde) Peppe De Cristofaro che ieri in aula ha promesso solennemente che d’ora in poi si rifiuterà di dare il suo voto all’istituzione di nuove giornate. “Fra un po’ — ha spiegato — non ci sarà più spazio in calendario per istituire alcuna giornata e bisognerà inventarsi le mattinate, i pomeriggi e le sere”. In questa legislatura sono state approvate oltre una trentina di ricorrenze e un’altra cinquantina di proposte sono in arrivo secondo logiche di fantasiosa promiscuità.
De Cristofaro si è limitato a menzionare una possibile, se non probabile o magari persino imminente giornata nazionale del panettone, da aggiungersi alla giornata nazionale della cultura motociclistica, alla giornata nazionale del riciclo della carta, alla giornata nazionale dei figli d’Italia e alla giornata nazionale della ristorazione. Ma a consultare il sito del governo, già oggi si resta smarriti dinanzi a un affollamento di misteriosi anniversari di cui nessuno sa nulla e che tuttavia si inseguono, si incrociano, si doppiano e si accavallano lasciando traccia di sensazionale casualità, da Cristoforo Colombo all’Onu, dallo Sport all’innovazione; come pure nella lista si avverte l’eco di residue contese ideologiche e patriottiche (le foibe, il muro di Berlino, il tricolore e le quattro giornate di Napoli); senza dimenticare una sfilza di eventi cerimoniali di ordine sanitario (prevenzione oncologica, malato oncologico, epilessia, Braille, stati vegetativi, donazione di organi, lesione al midollo spinale) che saranno, anzi sono certamente importanti nella vita di una società, ma certo poco la migliorano arrestandosi sulla soglia della celebrazione.
Se pure non si fosse sfiorati dal dubbio sull’utilità di queste giornate nazionali, non è poi così chiaro a che servano ulteriori appuntamenti che premono sul calendario o già lo intasano, sia pure a livello minore, riaffermando il valore della terra, della pace, delle lingue, di Dante o del ricordo delle vittime del cyberbullismo.
Sui motivi della proliferazione dedicatoria si è costretti a imboccare strade complesse. Il tramonto dell’antica religiosità ha trasformato i santi in una specie di effimera festività politeista a tema. Il declino e la frammentazione dei rituali politici unitari ha prodotto un pulviscolo di liturgie dall’esito incerto, insieme esagerato e approssimativo, tanti pretesti per una mezza vacanza, uno spettacolo, un convegno, un’illuminazione di monumenti, uno scambio di messaggini, a volte pure una birretta, quel che davvero conta è l’impatto, anche minimo, sul piano della comunicazione.
Eppure molto presto tutta la fuffa si dimentica, oppure sfuma in una sorta di scambio per cui la giornata celebrativa di destra si negozia con quella di sinistra, il riconoscimento perde slancio, il rito significato e la rimembranza cede il passo all’oblio.
Eppure forse conviene tenere a freno l’ostilità o il disprezzo rispetto a questa bulimia battesimale per cui non c’è data, finalità, conquista, sconfitta, personaggio o astuta convenienza corporativa che non debba rientrare nell’agenda simbolica di un paese per sfinimento o subdola imposizione. Conviene piuttosto riconoscere che se troppo valore si assegna a troppe cose, meno ne spetta a ciò che veramente vale e quindi unisce e affratella.
Con tale spirito si consiglia l’istituzione della giornata nazionale della qualunque, nel segno del positivo azzeramento dell’inutile e del fasullo, prima che il nulla strabordi e rimbombi nell’insignificanza definitiva.