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Salvini, ex comunista padano all’attacco delle “zecche rosse”

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Ah, Salvini. Parlandone da (politicamente) vivo, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. La sua capacità di produrre bischerate, unita a quel suo squisito talento nel non avere mai talento […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano.it) – Ah, Salvini. Parlandone da (politicamente) vivo, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. La sua capacità di produrre bischerate, unita a quel suo squisito talento nel non avere mai talento (e men che meno ragione), commuovono davvero. Da sempre allergico a qualsivoglia forma di coerenza, il fu cazzaro verde si impone ossessivamente di sparare ogni giorno belinate monumentali. E in questo, va detto, è abile come pochi.

L’ultima (per ora) derapata riguarda un video in cui se l’è presa con le “zecche rosse” dei centri sociali, e già qui – anche solo a livello meramente semantico – si sogna come se non ci fosse un domani: “zecca rossa” è infatti uno dei tre o quattro cavalli (morti) di battaglia degli hater fascioleghisti più neuronalmente vuoti (a differenza di Salvini, come noto intellettualmente prossimo a Kierkegaard). Bella come sempre anche la location: nel video pubblicato in quel che resta dei suoi profili social, spoglie mortali dei fasti della “Bestia” virtuale che fu, Salvini è immortalato mentre deambula plasticamente (?) in un immaginifico contesto, tra chiese antiche e cactus messi a casaccio sopra un pozzo. Golf blu e viso un po’ stropicciato/gonfio, a parlarci – non lo dimenticate – è il cosiddetto vicepresidente del Consiglio e ancor più cosiddetto ministro delle Infrastrutture e Trasporti (mai messi mali come adesso: dove passa Salvini non cresce più neanche una rotaia). Il Dux della Lega, in quel video già leggendario, gesticola a caso e ancor più a caso commenta i fatti di Bologna. Le sue parole si rivelano lucide come Bukowski alle cinque del mattino e profonde come una pozzanghera minore del Vingone. Ascoltiamolo: “Zecche rosse, comunisti, delinquenti, criminali da centro sociale”. Si vola. “Non lo so, definiteli come volete voi, però quello che abbiamo visto ieri a Bologna e a Milano è qualcosa di indegno, di vergognoso che non si deve più ripetere”. Poi: “La caccia al poliziotto dei delinquenti rossi a Bologna o la caccia all’ebreo dei delinquenti rossi a Milano sono scene vergognose per il 2024”. Quindi: “Chiudere i centri sociali occupati abusivamente dai comunisti che sono ritrovi di criminali. Questo dobbiamo fare, perché un conto è manifestare, altro conto è prendere a sassate i poliziotti o dar la caccia all’ebreo”. Ora: di fronte a simili vette del pensiero, così pregne di spunti filosofici e per nulla appesantite da preconcetti beceri, è per noi miseri plebei impossibile anche solo tentare un’analisi del testo. Con Salvini si può solo sognare. Sognare e ricordare. E se non ci resta nulla se non rimembrare, la memoria torna subito ai tempi in cui il fiero scudisciatore dei centri sociali era – lui stesso – un garrulo frequentatore fricchettone del Leoncavallo. Di più: Salvini era il leader dei “comunisti padani”, così convinto di quella posizione iper-alternativa da andare a inizio carriera ospite di Santoro, in veste di orgoglioso giovin leghista ecoattivista e antisistema. Si nasce incendiari e si muore pompieri, ma si nasce pure comunisti padani e si invecchia ruota di scorta della Meloni. Se Salvini non fosse quel che è, e se non arrecasse danni ogni dì alle nostre vite, verrebbe quasi il ghiribizzo – la perversione – di provare pietà per la triste fine che gli è toccata. Oscurato da Donna Giorgia e financo da Vannacci. Peggior ministro dei Trasporti degli ultimi sei millenni. Privo di qualsivoglia coerenza e credibilità. Politicamente postumo di se stesso. Ieri comunista padano e oggi quasi (quasi?) più a destra della Le Pen. Ancora intento a parlar di zecche rosse, come una miserrima marionetta qualsiasi di Forza Nuova. Che disastro totale. Salvini sta alla politica come Fabris ai compagni di scuola: “Guardate com’eri, guardete come sei… Me pari tu zio!”. O se preferite: “Tu c’hai avuto un crollo dall’ottavo grado della scala Mercalli”. Daje Matte’!


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