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E adesso i suoi complici

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(Tommaso Merlo) – Netanyahu potrebbe riuscire a fuggire dal tribunale internazionale, più probabile finisca dietro alle sbarre per mano degli israeliani, una fine ancora più avvilente per lui oppure che spenda gli ultimi anni in esilio negli Stati Uniti dilaniato dai rimorsi per le atrocità compiute mentre la Palestina sorge. Ma il mandato di arresto internazionale rimane comunque un punto di svolta nella tragica vicenda del popolo palestinese. Innanzitutto serve per ristabilire la verità su quanto accaduto a Gaza, un ignobile genocidio perpetrato perfino affamando e privando di medicine civili innocenti. Una vergogna immane dimostrata da montagne di prove che annientano ogni propaganda. Ma Netanyahu non ha agito da solo e il mandato d’arresto colpisce anche i suoi complici. Oltre a Gallant, è un’intera classe politica e militare sionista che deve finire alla sbarra in un processo che si prefigura come la Norimberga del Medioriente. E come successo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’ideologia sionista responsabile di una tale catastrofe umana dovrà essere sradicata per sempre. Vedremo se Israele riuscirà a sopravvivere, ma di certo il sionismo è deragliato fuori dalla storia. Il mandato d’arresto colpisce poi tutti i paesi complici che hanno continuato a negare o addirittura sostenere Netanyahu a genocidio in corso, ignorando per mesi dati, notizie ma anche milioni di persone che sono scese in strada a gridare il loro dolore e il loro disgusto. Paesi che hanno represso le proteste invece di ascoltarle. Paesi che come gli Stati Uniti hanno continuato a fornire armi e soldi arrivando perfino a mettere più volte il veto all’ONU sul cessate il fuoco. Se Netanyahu è un criminale di guerra, lo è anche Biden che gli ha fornito i mezzi e la copertura politica per compiere lo sterminio. Altri paesi e politicanti si sono invece limitati a tifare oppure si sono nascosti dietro ad immondi silenzi. Le cose sono due. O quei politicanti non hanno capito la gravità della situazione e quindi sarebbe meglio che cambino mestiere, oppure erano in malafede ed hanno anteposto la loro poltrona alla tragica morte di migliaia di innocenti ed è quindi meglio che cambino mestiere. Perché si sa, essere pro Israele rende politicamente, essere pro Palestina no. Complicità politiche che il mandato di arresto manda in frantumi, perché i politicanti vanno e vengono mentre gli stati restano e devono rispettare i trattati. Anche se controvoglia, i politicanti dovranno progressivamente rimangiarsi tutto e se Netanyahu passasse dalle loro parti, devono arrestarlo. Dinamiche tossiche emerse anche in Europa, con la Von der Leyen e compagnia bella che meriterebbero di tornarsene a casa per il modo scandaloso in cui hanno gestito gli ultimi anni. Cocciutamente granitici con Putin, di connivente burro con Netanyahu. Ed invece siamo all’ennesimo inciucio continentale. Ma oltre alla complicità politica, anche quella mediatica viene colpita dal mandato di arresto per Netanyahu. La stampa mainstream per mesi ha minimizzato e perfino coperto il genocidio e questo mentre a Gaza venivano sterminati centinaia di giornalisti colpevoli di raccontare l’orrenda realtà che li circondava. Giornali e televisioni che per mesi hanno parlato d’altro o manipolato facendo propaganda invece che informazione. Non si sono contenuti nemmeno davanti ad un genocidio vissuto in diretta social con le vittime che hanno mostrato al mondo il loro drammatico destino. E questo per non urtare la politica e i loro padroni schierati a prescindere con Israele, per non discostarsi dal pensiero dominante, per non compromettere le loro carriere. Perché si sa, il conformismo rende, il coraggio no. E più un paese è moralmente corrotto, più è così. Il mandato di arresto per Netanyahu è un punto di svolta nella tragica vicenda del popolo palestinese ma non solo. Come per tutte le tragedie storiche, anche il genocidio a Gaza è una grande opportunità per tutti di capire a che livello di sviluppo civile siamo arrivati e rimboccarsi le maniche per progredire. L’anno orribile appena trascorso dimostra che abbiamo ancora molta strada da fare per migliorare le nostre democrazie e il modo in cui affrontano le crisi dell’umanità. Quanto a Netanyahu, da oggi la presunta democrazia modello israeliana è guidata da un criminale di guerra conclamato, una situazione politicamente insostenibile. Il mandato di arresto isolerà ulteriormente Israele con molti paesi che volenti o meno potrebbero imporre sanzioni ed embarghi che significherebbero la fine della guerra ma anche del sionismo aprendo una nuova salubre pagina storica per il Medioriente e non solo. E mentre Netanyahu passerà i suoi ultimi anni dietro alle sbarre o dilaniato dai rimorsi, la Palestina finalmente sorgerà.


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