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Quelle accuse a Netanyahu

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I giudici dell’Aia hanno spiccato un mandato di cattura contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant

Benjamin Netanyahu 

(di Lucio Caracciolo – repubblica.it) – I tribunali internazionali sono sempre, a prescindere dalla volontà di chi li compone, attori politici. Le loro decisioni, vestite con ogni crisma di legge — sia pure dell’aleatorio diritto internazionale, piegato a tutti gli usi — hanno infatti conseguenze che incidono nei conflitti in atto e sui rapporti di forza fra potenze. Se poi, come nel caso della Corte penale internazionale, sono istituiti attraverso un trattato internazionale, comprendono 125 Stati — ma non i tre massimi protagonisti della scena geopolitica, Stati Uniti, Cina e Russia, oltre a Israele — e intervengono a guerra in corso contribuiscono a determinarne la direzione. Raramente verso la pace. Semmai il contrario.

È il caso del mandato di cattura che i giudici dell’Aia hanno spiccato contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, appena licenziato dal capo perché considerato quinta colonna dell’amministrazione Biden nel suo gabinetto. Le accuse sono pesantissime: dall’affamare volutamente uomini, donne e bambini di Gaza a assassinio, persecuzione e altri atti inumani. L’uno e l’altro avrebbero dato ordine di uccidere civili innocenti. Crimini che insieme al blocco di elettricità, cibo, medicine contribuiscono a rafforzare la tesi del genocidio contro i palestinesi promossa davanti alla Corte dal Sudafrica e sostenuta da un crescente numero di paesi. Anche dal papa.

Benjamin Netanyahu 

Inoltre, i mandati sono stati emessi sulla base di fatti accertati fra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024. Considerato che la tattica israeliana della terra bruciata a Gaza è sempre più palese, esplicita e violenta, la posizione dei due accusati è già peggiorata e sarebbe ancora meno sostenibile nel processo che li riguardasse. Ipotesi irrealistica, dato che Gerusalemme dovrebbe consegnare all’Aia il capo del suo governo.

Tre le immediate conseguenze della decisione. Primo, l’isolamento quasi totale di Israele ne viene rafforzato. Secondo, le speranze di riportare gli ostaggi israeliani a casa, già minime, si avvicinano allo zero data la delegittimazione di Netanyahu (ultimo dei suoi problemi).

Terzo, si apre una delicatissima partita fra gli Stati che riconoscono la Corte, perciò costretti in teoria ad arrestare Netanyahu e Gallant se mettessero piede sul proprio territorio. Il governo olandese assicura che nel caso lo farebbe, fosse solo per rispetto della Corte che ospita nella città sede del suo governo. Molti altri sono orientati in questo senso. Fra questi anche noi, assicura il ministro Crosetto, che pure giudica “sbagliata” la decisione dell’Aia. In ogni caso la mobilità internazionale di Netanyahu, già autolimitata dalla guerra, sarà ulteriormente scoraggiata. Con l’importante eccezione dell’America.

Non sarà certo Trump a sbattere la porta in faccia al suo amico Bibi. Non l’avrebbe fatto nemmeno Biden, che pure lo detesta, ricambiato. Anzi, la Camera dei rappresentanti ha già approvato sanzioni severe contro la Corte e i suoi magistrati. Qualsiasi entità politica, finanziaria o d’altro genere che collabori con l’Aia verrebbe così dissuasa dal continuare a farlo. Sicché la Corte dovrebbe chiudere, i detenuti verrebbero liberati e cadrebbero i sei mandati di cattura emessi contro la dirigenza politico-militare russa, in testa Putin (nel frattempo Mosca ha restituito cinquecento bambini ucraini rapiti). La legge non è diventata operativa in attesa del pronunciamento del Senato, che si annuncia favorevole anche perché diversi democratici sono pronti a sottoscriverla. Il braccio di ferro abbastanza ineguale fra Washington e la Corte è comunque destinato a inasprirsi con l’insediamento di Trump.

Dopo Putin tocca a Netanyahu. Domani forse anche ai nuovi capi di Hamas, visto che Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar sono sfuggiti al provvedimento della Corte per il massacro del 7 ottobre solo perché nel frattempo Netanyahu ha fatto eseguire nei loro confronti una sentenza più drastica.

C’è una via d’uscita? Sulla carta sì. La Corte può essere disattivata dall’Onu. Precisamente dal Consiglio di Sicurezza, abilitato a sospendere per 12 mesi, rinnovabili, i procedimenti dell’Aia. E se russi e americani si mettessero d’accordo per consentire a Putin e Netanyahu di continuare a circolare liberamente, quindi anche a trattare su piede di formale parità con i loro nemici? Fantageopolitica, d’accordo. Ma che cosa resta di normale a questo mondo?


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