(Di Pino Corrias – ilfattoquotidiano.it) – Che la banana di Cattelan – appesa al muro della casa d’aste Sotheby’s di New York – si trasformi in una Gioconda da 6 milioni di dollari è un’altra prova della inesauribile credulità degli uomini disposti a tutto, pur di dare un senso all’insensatezza del mondo reale che nascendo, crescendo e morendo, ci circonda nel vuoto. Ma attenzione, l’opera d’arte non è solo la banana, ma il cortocircuito collettivo che l’ha trasformata in un prodigio proprio davanti ai nostri occhi. Tanto insensato da diventare una rivelazione dell’assurdo in cui abitiamo. È da quando abbiamo acceso il primo fuoco al centro del villaggio per inventare insieme la storia del mondo che l’uomo trasforma il mistero della vita in un racconto. I racconti ci hanno addestrato a credere. Li abbiamo popolati di fantasmi, sogni, incubi. Abbiamo stabilito che erano gli dei a sovrintendere il significato del mondo. Dei altissimi nella dimora, ma identici a noi nei comportamenti dettati da misericordia o vendetta. Ogni dio disponibile a governare un popolo alla volta, il popolo eletto. Che prima o poi trionferà su tutti gli altri da sottomettere se non da decapitare: ecco trovato il destino.
La banana di Cattelan, non è altro che l’istantanea del paradosso che ci riguarda, essere di gran lunga i viventi più intelligenti, i più coraggiosi, i migliori a maneggiare la cooperazione tra i nostri simili per impadronirci del futuro. E contemporaneamente i più determinati alla stupidità di distruggerlo. Capaci di costruire la vita, migliorarla, moltiplicarla. E insieme imbattibili nell’idiozia di avvelenarla.
Era arte pura assistere al rito milionario e patetico intorno alla banana appesa. I funzionari in guanti bianchi. I dollari che corrono lungo la verticale delle offerte. Il colpo del battitore: “Venduta!”. Tutti ubriacati dal nulla, ad applaudire. Tutti come sempre aspettando che arrivi un senso. Con o senza Godot.