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Ecce Toni

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(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Lo abbiamo sfottuto in tanti, e tante volte, vedendovi l’incarnazione più pura del grillismo: l’inadeguatezza al ruolo, mescolata all’ingenuità disarmante, garantiva un sicuro effetto comico. Perciò oggi siamo qui, con il capo cosparso di chewingum (come avrebbe potuto dire lui nei suoi momenti migliori), per rendere omaggio all’ex ministro Danilo Toninelli

Unico, tra i beneficiati della vecchia guardia, ad alzare la voce in difesa di Beppe Grillo, il Trotskij dei Cinquestelle (Lenin era Casaleggio) estromesso dallo Stalin di Volturara Appula, l’intelligente e spietato Giuseppe Conte, passato in un lustro da apprendista premier a superprofessionista della politica. Il resistente Toninelli ha accusato il leader in carica di avere condizionato l’ultima assemblea per indirizzarne l’esito, come peraltro avveniva anche ai tempi in cui comandava Grillo e come avviene da sempre in tutti i partiti del mondo. La differenza è che nessuno lo dice mai, mentre stavolta Toninelli lo ha detto. Non solo, con l’autorevolezza del reduce ha avvalorato la tesi secondo cui il nuovo movimento degrillizzato sia già diventato un’altra cosa: peggiore o migliore non importa, ma diversa.

Tra un Conte che maneggia con perizia le regole eterne del potere — metodo, pazienza, implacabilità — e un Grillo che le disprezza in nome dell’istinto, della creatività e della pigrizia, Toninelli ha fatto la sua scelta. Essendo quella più difficile, gli fa ancora più onore.


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