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Tajani punta a conclusioni comuni su Bibi: “Inutile l’arresto”

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(ilfattoquotidiano.it) – La notizia di un’intesa vicina su un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah è piombata ieri sul G7 Esteri a Fiuggi, dove i sette Grandi hanno aperto i lavori sui due conflitti – quello in Ucraina e quello in Medio Oriente – con l’intento di trovare una sintesi sulla spinosa questione del mandato d’arresto della Corte penale internazionale (Cpi) per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Intento perseguito soprattutto dall’Italia, padrona di casa, nella persona del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che punta ad arrivare a una posizione comune, da scrivere nelle conclusioni del vertice. “Vediamo se si potrà avere una parte del comunicato dedicata a questo. Stiamo lavorando per trovare un accordo, credo che sia giusto”, ha spiegato al termine della prima sessione del summit, dedicato al Medio Oriente, dopo aver anticipato questo spirito in apertura di lavori: “L’unità in questo momento è la nostra forza, mi riferisco soprattutto ai rapporti con la Federazione russa. Ma forza non significa fortezza”, e per questo “ho voluto invitare altri Paesi in modo da avere un confronto più ampio e concreto”, ha aggiunto Tajani, riferendosi alla presenza ai tavoli della Ciociaria anche dei rappresentanti dei Paesi arabi per il dossier mediorientale, e di quelli asiatici per il tema Indopacifico.

Una posizione “unica” sulla Cpi è necessaria, secondo il vicepremier, con gli sherpa che lavorano a limare un possibile testo mentre finora i Sette sono andati in ordine sparso: gli Usa contrari all’arresto, non riconoscendo la giurisdizione della corte. Il Regno Unito, come ha ribadito a margine dei lavori il ministro degli Esteri David Lammy convinto che tra gli “obblighi ai sensi del diritto internazionale” c’è “al giusto processo”. “Nessuno è al di sopra della legge”, gli ha fatto eco l’omologa tedesca Annalena Baerbock. Più diplomatica la posizione di Tajani che, nonostante l’acceso dibattito nella maggioranza da titolare degli Esteri ha ribadito di “riconoscere la Corte e difendere il diritto internazionale”, senza essere “certo che non si risolva il problema con un mandato di cattura per Netanyahu”.


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