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Sorelle d’Europa e fratelli coltelli

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Elly & Giorgia: Ue rosanero. Però l’Ursula bis parte male. La Commissione – Rispetto a luglio, la presidente perde 70 voti della sua maggioranza, compensati dalla destra dei Conservatori

(Di Wanda Marra – ilfattoquotidiano.it) – Quando la Commissione Ursula bis vede la luce con 370 sì all’Europarlamento di Strasburgo, 282 no e 36 astensioni (il 51,3% dei 720 aventi diritto, record negativo per una presidente di Commissione), a cantare vittoria è soprattutto Fratelli d’Italia. Che con il capodelegazione, Carlo Fidanza, rivendica: “Giocheremo la nostra partita su ogni singolo dossier, perché sappiamo che i numeri sono cambiati”.

Perché anche se la von der Leyen, naturalmente, sostiene che “è un buongiorno per l’Europa” e “il voto dimostra che il centro tiene”, in realtà rispetto a luglio – quando ne prese 401 – la presidente di voti ne ha persi circa 70 della sua maggioranza (Ppe, Socialisti Democratici, Renew e Verdi), visto che a favore si sono espressi 33 eurodeputati di Ecr (su 78), di cui 24 di Fratelli d’Italia. Nel dettaglio hanno detto di sì 151 eurodeputati del Ppe (su 188), visto che gli spagnoli hanno votato no; 90 su 136 di S&D (a dire no sono stati i francesi e i belgi), si sono astenuti i tedeschi; in Renew hanno detto sì 67 su 77; i Verdi si sono divisi: 27 sì, 19 no, 6 astenuti. Contro si sono espressi Esn, Patrioti, l’altra metà di Ecr (tra i quali i polacchi del Pis), The Left.

Divisi i fronti italiani. Va registrata, prima di tutto, la convergenza tra Fratelli d’Italia e Pd (con i no degli indipendenti Marco Tarquinio e Cecilia Strada). Giorgia Meloni a luglio aveva votato no. Ha cambiato idea. Elly Schlein aveva sempre dichiarato che il voto a Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo era un problema politico. Tutto dimenticato. Anche perché la von der Leyen non fa nessun distinguo sulla scelta di Fitto, non dice nulla di quello che i dem auspicavano sul perimetro della maggioranza e sul fatto che il neo Commissario per la Coesione avrebbe ottenuto una vice presidenza perché l’Italia è un paese fondatore. No. Si limita a dire che si tratta di una sua scelta “perché so quanto sia fondamentale dare alle regioni l’importanza politica che meritano”.

Peraltro, le convergenze tra Schlein e Meloni in questi giorni sono più d’una. Pd e FdI si erano accordati – con un emendamento al decreto fiscale – per passare dal finanziamento pubblico ai partiti attraverso il 2xmille a una nuova formula, che avrebbe consentito di distribuire alle forze politiche anche l’“inoptato”, le cifre che i cittadini non destinano a nessuno. La torta per i partiti sarebbe passata da 25 a 42 milioni di euro. Poi il Quirinale ha fermato l’emendamento. Oggi si vota (di nuovo) per la Consulta: sarà fumata nera, ma gli sherpa di Schlein e Meloni hanno iniziato a parlare per arrivare a un accordo.

Per stare alle altre delegazioni italiane, Forza Italia vota Ursula con Pd e FdI (Antonio Tajani è tra i primi ad esultare) dicono no i Cinque Stelle, gli eurodeputati di Avs (divisi tra Verdi e The Left) e la Lega. Davanti a un panorama così frastagliato, che spacca tutte le famiglie politiche e prefigura maggioranze variabili in ogni voto, i distinguo e gli avvertimenti arrivano già dalla mattina, prima dell’elezione della presidente. “Il sostegno a Ursula non è un assegno in bianco”, dichiara la capogruppo dei Socialisti, la spagnola Iratxe Garcia Perez, che pure ha forzato per un sì a Fitto della sua famiglia politica, in cambio di un sì a Teresa Ribera da parte dei Popolari, rimesso peraltro in discussione fino all’ultimo momento. Mentre Manfred Weber, capogruppo del Ppe, ci tiene a ribadire l’allargamento: “Ringrazio socialisti e liberali per le loro linee rosse contro gli estremisti, contro i nemici dell’Europa. E anche Ecr grazie al quale abbiamo nominato i commissari con i due terzi”. Tocca a Nicola Zingaretti, capogruppo del Pd, provare a ribaltare la narrazione: “Manfred Weber voleva allargare la maggioranza e la maggioranza si è ristretta. Quel tentativo di sottoscrivere accordi e poi con disinvoltura non rispettarli, non solo dal punto di vista politico è veramente discutibile, ma anche dal punto di vista della battaglia politica è un metodo quasi suicida”. Gli fanno eco in molti, a partire dal collega Brando Benifei. Stamattina si ricomincia.


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