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L’olocausto e il progetto coloniale israeliano

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(Tommaso Merlo) – L’olocausto a Gaza non trova più spazio sui media, mentre la nullità dei politicanti occupa pagine intere. Solo ieri altri 100 morti. Interi condomini pieni di civili rasi al suolo. Famiglie sedute in cerchio a raccontarsi storie e farsi coraggio a vicenda. Affamati, stremati, terrorizzati che la prossima bomba sia per loro. Una catastrofe immane. Un olocausto che usa le docce di bombe invece che quelle a gas e che cercano di nascondere sotto al tappeto. Da oltre un anno o meglio da oltre settanta. Da quando i palestinesi hanno cominciato a pagare per le persecuzioni che gli europei e non certo loro, hanno perpetrato contro gli ebrei. Gli europei hanno discriminato, ghettizzato e sterminato per secoli gli ebrei a casa loro e alla fine se li sono levati di torno traslocandoli in Palestina. Un trasloco sancito su un pezzo di carta dell’ONU a matrice occidentale. Una sciagurata decisione d’ispirazione coloniale. Quando gli ebrei aizzati dall’ideologia sionista sono sbarcati in Palestina, hanno seguito le orme dei vecchi colonizzatori europei che hanno sempre sterminato, soggiogato e poi tentato di cancellare le culture native. Ma gli europei lo hanno sempre fatto con una tale decisione e risolutezza, che tutto si è risolto in loro favore in poco tempo. Dal Nord e Sud America passando per l’Africa e arrivando fino in Australia e Nuova Zelanda. Navi di musi pallidi che attraccano, violenza brutale e più o meno sereno dominio e sfruttamento di persone e risorse locali. I sionisti hanno invece fallito il loro tentativo coloniale, hanno come proceduto ad ondate e senza mai arrivare a quella definitiva. In oltre settant’anni non sono riusciti a sottomettere tutti gli arabi palestinesi e occupare tutte le loro terre imponendo il loro potere. Sono decenni ormai che passano da una guerra all’altra e sono alle prese con rivolte e terrorismi vari e si sono tirati contro anche molti stati limitrofi. Un fallimento storico evidente. Demerito loro, ma anche merito dei palestinesi che sono un popolo gentile ma anche tenace, un popolo dalla memoria lunga e che tende a legarsela al dito anche per le inezie, figurarsi per le questioni di principio. I palestinesi sono poi legati alla loro terra, alla loro cultura, alla loro storia. Come tutti del resto, ma il tentativo di cacciarli da casa loro, non ha fatto che rafforzare quel legame. Anche idealizzandolo, politicizzandolo. Tra tutte le terre che potevano scegliere per traslocare i sionisti, gli europei hanno scelto quella peggiore. Anche perché terra santa anche per altre credenze e parte di un’Arabia che parla la stessa lingua, prega lo stesso profeta, mangia lo stesso kebab e che è politicamente divisa solo per colpa del periodo coloniale quando gli europei hanno disegnato confini su una mappa e trapiantato dinastie e governi fantocci. Gira e rigira la colpa è sempre di quei stramaledetti europei colonizzatori seriali. Invece di spedirli in Medio Oriente, gli europei avrebbero dovuto integrare le comunità ebraiche nel vecchio continente ed impedire la nascita di un apposito stato perfino a carattere religioso che è un altro errore madornale che gli europei conoscono bene. Dopo 100 anni da quelle sciagurate decisioni, siamo a 100 morti al giorno a Gaza e senza nessuna prospettiva politica di curare ferite che sanguinano copiosamente da decenni. Un tentativo coloniale fallito e questo nonostante un enorme supporto prima europeo e poi americano con coloni che non hanno mai smesso di sbarcare. Dopo oltre settant’anni, se Washington staccasse la spina per Israele sarebbe la fine. E questo perché la sua sopravvivenza si basa solo sul dominio militare che costa un botto di soldi ed è molto precario. Per qualche congiunzione astrale dev’essere l’anno orribile del colonialismo. Dopo i calci nel deretano che si prende Carlo d’Inghilterra non appena mette il suo naso storto fuori dalla reggia, dopo la rivolta del popolo Maori contro rigurgiti dal puzzo coloniale in Nuova Zelanda, è notizia di queste ore che anche Ciad e Senegal si aggiungono alla lista dei paesi Sud Sahariani che voltano le spalle per sempre al post colonialismo francese. Lezioni di colonialismo applicato che a Tel Aviv dovrebbero mettersi in testa. Se fai ad esempio come gli Stati Uniti e il Canada che stermini gran parte dei nativi e lavi il cervello ai figli dei superstiti in modo da sradicarne la cultura, allora stai sereno e al massimo ti ritrovi con qualche sfilata in costume da Pellerossa. Ma questo in Palestina è ormai impossibile per numeri e per tempi che sono cambiati. Se invece ad esempio metti in piedi un regime di apartheid come in Sudafrica, prima o poi salta tutto in aria per il peso di ingiustizie indigeste all’umanità. Se invece applichi una politica post coloniale più tradizionale, prima o poi i nativi ti cacciano a pedate. L’unica realistica possibilità di sopravvivenza per Israele è prendere atto del fallimento storico del proprio tentativo coloniale, archiviare ogni delirante fanatismo sionista e mettersi a costruire insieme ai palestinesi una repubblica federale laica ed inclusiva in cui tutti abbiano pari dignità. Deve tornare nel presente e progettare il suo futuro, altrimenti verrà schiacciato dal suo passato. In attesa che qualcuno a Tel Aviv ma anche in Europa e a Washington se lo metta in testa, a Gaza siamo ad un nuovo olocausto che cercano di nascondere sotto al tappeto.


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