In questa città dovevano restare intatti come sacre memorie solo il vuoto e le rovine. Inutile chiedersi chi ha ordinato ai ribelli anti-Assad di attaccare: hanno la loro agenda

(Domenico Quirico – lastampa.it) – Le cose in Siria hanno lo stesso odore anche se passano gli anni. In fondo è una guerra, gli uomini si uccidono fra loro, i morti sono pesanti e difficili da trasportare. Ci sono assassini che si credono eroi e eroi che si credono santi. Alcuni pensano che la guerra sia giusta, per tenere al potere Bashar al Assad e il suo regime o per abbatterlo; i jihadisti, addirittura, progettano di iniziare da qui a creare il paradiso in terra con il loro sistema binario: questo è “haram” e questo è “halal’’. Ad altri, forse la maggioranza, non importa nulla di questa mischia che dura dal 2011, solo restare vivi o trovare un posto dove esser sicuri di non essere uccisi da questi o da quelli, avere da mangiare e da scaldarsi. Hanno semplicemente paura, da ventiquattro anni, paura che ti schiaccia la testa, i polmoni, la pancia, tutto. Sono sopravvissuti, che altro c’è da aggiungere, spiegare?
Gli incubi della storia
Vivi: nonostante tutto, nonostante anche noi. E nelle pieghe gli eterni mukhabarat, la spietata polizia politica, e i trafficanti, i pescecani, gli sciacalli di ogni guerra civile e di ogni regime marcio: fanno soldi insieme. Semplicemente. E poi ci sono gli altri, le ombre: russi, iraniani, turchi, americani, israeliani, Hezbollah libanese… Loro sì che hanno interessi progetti conti teologici da regolare influenze e alleanze geopolitiche da consolidare. Dopo cinquecentomila morti è materiale per una lezione di moralità tutto questo? Serve per lanciare un messaggio? Possono i disastri darci lezioni? Gli incubi della Storia contengono messaggi? Per noi, intendo, da questa parte del mondo…
Sì, si combatte di nuovo ad Aleppo, aspramente. Le formazioni di “al-Sham” che è solo l’ennesimo fard nominalistico della vecchia, implacabile al-Qaida, hanno cacciato davanti a sé i governativi e hanno occupato già cinque quartieri della città, a Ovest e Sud: i quartieri che durante la battaglia durata cinque anni erano i capisaldi del regime. E poi: blindati e pick up islamisti che scalano le strade come formiche luccicanti e risolute; lo snodo chiave di Saraqeb caduta nelle mani degli assalitori potentemente equipaggiati; l’autostrada M5 che porta a Damasco, la vena dei rifornimenti del regime, tagliata in due; i Mig russi che bombardano disperatamente Idlib, il frammento della Siria islamista dove comanda la sharia protetta dalle trame bizantine di Erdogan… Ci svegliamo, ripetiamo questi nomi e luoghi che avevamo cercato di dimenticare.
La Siria ci presenta il conto
La guerra di nuovo ad Aleppo, la guerra l’aveva assassinata questa città, lentamente metodicamente. Non aveva più il diritto di sfiorarla. Restavano le immense pietre che somigliavano a divinità feroci scolpite dalle bombe. La guerra non poteva tornare ad Aleppo, dovevano restarne intatti come sacre memorie solo il vuoto e le rovine. La Siria non ci aveva mai lasciato, soprattutto chi c’è stato e non ha fatto altro, in fondo, che raccontare storie di guerre portandosi dietro il terribile odore dei morti. Ma è stato in fondo inutile. La Siria ci avrebbe prima o poi presentato i conti, lo sapevamo, un Paese vicino che è la terra misconosciuta e trascurata del nostro sbarco nell’incubo del terzo millennio.
Cosa è oggi la Siria? Milioni di eterni rifugiati e fuggiaschi, la miseria delle distruzioni e delle sanzioni internazionali, una moneta che non vale nulla, l’unico traffico redditizio, in mano al regime, quello di una droga, la corruzione che è proprietà del clan del presidente e dai suoi accoliti, energia elettrica per poche ore, il combustibile per il riscaldamento alla borsa nera. Bashar aveva vinto grazie ai suoi potenti alleati, Iran, Russia. Hezbollah, lo hanno riammesso nella Lega araba, ha ripreso a viaggiare, a percorrere guide rosse e picchetti d’onore.
La guerra al terrorismo che non finisce
Anche l’Europa cercava solo un modo per rassegnarsi, perdonargli tutto in nome del dio della stabilità: meglio lui dei califfi, quante volte l’abbiamo sentito ripetere… Noi italiani abbiamo fatto da battistrada rimandando a Damasco l’ambasciatore. E lui come se nulla fosse accaduto, gli anni e i 500 mila morti, ha ripreso il vecchio metodo di ingoiare, la terra, gli oppositori, il denaro, l’economia, la storia. Forse gli emiri di Idlib hanno osservato tutto ciò con attenzione, hanno capito che l’Occidente stava per spingere nell’ombra tutte le esecrazioni per i crimini, la spietatezza, i gas del dittatore.
L’accordo tra Russia e Turchia che preservava Idlib e la sua armata di dio dalla riconquista di Bashar non valeva per sempre. Il vicino oriente dopo il 7 ottobre è imploso, Putin è impegnato altrove e Erdogan… Erdogan non ha alleati o amici, solo spregiudicati interessi. Meglio anticipare tutti e attaccare.
Come se non avessimo imparato niente ora siamo impegnati a cercare chi ha ordinato ai jihadisti di passare all’offensiva… l’eterna teoria del burattinaio, delle sigle finte, degli orchi maomettani a libro paga di… Confessiamolo. Pensavano che la guerra al terrorismo fosse un capitolo chiuso: abbiamo vinto evviva! Da Aleppo al Sahel, giù fino al Congo invece è una geografia isterica delle milizie di coloro che credono dio una loro proprietà. E che obbediscono solo a sé stessi.