
(di Michele Serra – repubblica.it) – La guerra in Siria sembra inventata apposta per scoraggiare ogni essere umano dalla speranza di orientarsi nel guazzabuglio del mondo. Tra milizie sunnite, ex dell’Isis, Assad e i suoi cari, Hezbollah in ansia per i luoghi sacri sciiti, i curdi, i russi, gli americani, gli israeliani, Erdogan (buono, quello) e altri probabili protagonisti smarriti tra le righe degli articoli che ho letto quasi inutilmente, la rinuncia alla comprensione è l’esito inevitabile. Si allargano le braccia, si mormora “mai visto un casino del genere”, si immagina la catastrofe di persone inermi sbattute da una parte e dell’altra nella speranza di sopravvivere.
La sola cosa che si arriva a capire, sia pure per approssimazione, è che l’umanità quasi al completo, e qualche sua disgraziata porzione in particolare, non dispone di se stessa, non determina il proprio destino. Che è nelle mani di attori esterni, più ricchi e più armati. Le tribù locali, per quanto poco raccomandabili, non sarebbero in grado di organizzare scannamenti così diffusi e distruzioni così estese. Gli odi tribali sono cavalcati e alla fine ingigantiti dagli interessi delle grandi potenze, in una specie di eterno post-colonialismo che vede mezzo mondo usato come terreno di lotta, o come merce di scambio, per mano di governi lontani molte migliaia di chilometri.
Nuovi mercati per l’industria bellica, nuovi pretesti per contendersi il dominio su uomini e cose. E sullo sfondo, anzi nemmeno tanto sullo sfondo, il declino inesorabile delle istituzioni internazionali, Onu per prima. Anche loro, evidentemente, erano utopie novecentesche. Il terzo millennio è tutti contro tutti, è il caos al potere, e la Siria è il suo piccolo capolavoro.