
(Tommaso Merlo) – Dopo il decesso e il funerale, siamo alla lite sull’eredità del fu Movimento. Davvero un triste epilogo. Volano gli stracci tra le due cariche principali e tra i loro tifosi superstiti che si accingono a rivotare o ad andare per funghi. Non si rendono conto che hanno già perso tutti e il futuro politico passa altrove. Grillo pare si fonderà il suo movimentino con cui si godrà una meritata pensione, mentre Conte fonderà finalmente il suo partitino progressista. E non si capisce il perché non lo abbiamo fatto prima. Pacificamente. È del tutto normale che da una esperienza politica ne nasca un’altra e questo soprattutto in paesi come l’Italia dove i partiti nascono, periscono e si trasformano a livelli vertiginosi. Il Movimento è deceduto politicamente anni fa, quando ha abbracciato il sistema partitocratico che voleva ribaltare. Nato come forza di cambiamento radicale, è diventato un cespuglio del centrosinistra. È questo il nodo politico chiave che pochi considerano. Il passaggio da forza rivoluzionaria dal basso, a forza riformista parte del sistema. Una mutazione politica legittima ma che giustifica pienamente una scissione e la nascita di una nuova realtà. Da una parte gli ortodossi, dall’altra i fautori della normalizzazione che si riconoscono in Conte. Più che una costituente serviva un congresso per dirsi serenamente addio. Del resto non ci sono vie di mezzo. O sei contro un sistema oppure ne sei parte. O ambisci a rimpiazzare la vecchia partitocrazia, oppure ti alleai con Pd e soci e fai politica nei palazzi in maniera tradizionale. O sostieni che destra e sinistra sono una buffonata nell’era del pensiero unico o ti riconosci in uno dei due. Eppure non sono riusciti a gestire questo passaggio politico in maniera consensuale e siamo addirittura arrivati agli stracci degli ultimi mesi. Peccato. Sarebbe stato utile approfondire meglio le ragioni dell’uno e dell’altro e magari pure quelle dei milioni di cittadini che hanno voltato le spalle al progetto movimentista determinandone un repentino declino. Quanto alla colpa, in genere più i problemi si trascinano, più è condivisa. Certo è deprimente vedere astio tra cittadini e dinamiche giurassiche, ma sarebbe anche ora di girare pagina una volta per tutte. Alla fine il Movimento era solo un contenitore di istanze ancora vive ed è quello che conta. Rotta una scatola se ne fa un’altra. E alla fine si tratta solo di un triste epilogo paradossalmente ingigantito dai media. Quando il fu Movimento era all’apice veniva ignorato sistematicamente, adesso finisce invece in prima pagina ad ogni bisticcio. Ulteriore conferma di quanto lavoro ci sia da fare in Italia anche a livello di informazione e di altre ataviche incrostazioni. Il vero dramma di oggi è l’assenza di opposizione politica. Oltre la metà dei cittadini non si riconosce in nessun partito e quindi non vota. Una situazione democraticamente insostenibile ma logica. I cittadini volevano sbarazzarsi di un sistema partitocratico storicamente superato, ci hanno provato con l’ondata cosiddetta populista, gli è andata male, ha vinto la restaurazione e adesso se ne stanno sul divano in attesa di altre opportunità. Già, coloro che volevano cambiamento allora, lo vogliono anche oggi. E non voteranno finché non nasceranno forze degne delle loro aspettative. Si chiama democrazia. Si chiama progresso storico perché solo così un paese evolve. Prima cambiano i cittadini, poi la società, poi la politica. I cittadini sono il motore del cambiamento, non i politicanti. I restauratori possono frenare i cambiamenti che non gli convengono, ma prima o poi la storia trova sempre un modo per ripartire. L’astensionismo di massa ma anche il voto anti sistema che si registrano in tutto l’Occidente, non sono altro che sintomi di un malessere profondo. I cittadini vogliono girare pagina e ambiscono a proposte politiche credibili e all’altezza delle loro nuove consapevolezze, dei tempi e delle sfide che li attendono.