
(Tommaso Merlo) – Il nuovo reggente della Siria si chiama Jolani ed ha una taglia sulla testa di 10 milioni di dollari per terrorismo. Un jihadista islamico che pare abbia ottenuto il pollice verso occidentale per ridurre la Siria come la Libia e far felice Israele. Jolani non era infatti ancora arrivato a Damasco che Netanyahu ha subito occupato pezzi di territorio siriano e bombardato a piacere. Ha già cominciato a fare il padrone pure lì. Vuole impedire i rifornimenti ad Hezbollah e assicurarsi un governo succube a Damasco in modo da completare l’annessione palestinese senza intoppi. Ma un passo alla volta. Per adesso meglio un terrorista islamico che un dittatore pro palestinese come Assad. E meglio la deriva libica e quindi il caos che un regime nemico. Se poi dovesse sorgere un pericoloso califfato, ci penseranno gli americani a raderlo al suolo e ricominciare da capo. I paesi in ginocchio perlomeno sono innocui, lo hanno imparato in Iraq e perfezionato in Libia. Sembra questa la strategia dietro l’incredibile ascesa di Jolani, un favore ad Israele ma anche agli americani perché i suoi nemici storici Russia ed Iran ne escono indeboliti almeno per adesso. La Siria era storicamente l’avamposto russo in Medioriente ed ospita una base militare strategica sul Mediterraneo. Mentre per l’Iran, la Siria è sulla via per liberare Gerusalemme dai sionisti. Tutto sospeso in attesa di sviluppi. Jolani non ha trovato nessuna resistenza nella sua cavalcata verso Damasco, a conferma di come il regime di Assad si fosse sfaldato da tempo ed era tenuto artificialmente in vita dai suoi alleati. Anche la tempistica insospettisce, sono partiti il giorno dopo il cessate il fuoco tra Hezbollah ed Israele come per anticipare un possibile ritorno dei libanesi e come per sorprendere Russia ed Iran concentrati altrove. Quanto ad Assad, non lascia certo nessun rimpianto. Era un dittatore che aveva ereditato il potere dal padre e verrà ricordato giusto per aver inasprito un regime già liberticida e trascinato il suo paese in una interminabile e autodistruttiva guerra civile. Assad paga anche un cattivo rapporto con la Turchia anch’essa dietro a questo colpo di stato. Problemi mai risolti legati ai milioni di profughi siriani sul confine e beghe sulle terre curde. Del resto qualcuno deve aver pur dato a Jalani soldi ed armi e soprattutto il via libera politico per prendersi un paese intero senza colpo ferire. Lo si intuisce anche dalle prime parole di Jalani, stranamente più moderate rispetto i suoi maestri come Al Baghdadi e compagnia e che sembrano frutto di accordi. Parla di “istituzioni” e di “stato islamico” ma dice di non aver intenzione di tagliare la testa a nessuno, lo ha detto in una intervista senza turbante ai media americani poche ore prima del colpo di mano. Come per rassicurare che non ha in mente un secondo Afghanistan. Pare tenga perfino il primo ministro, del resto da capo di un gruppo terroristico a quello di uno stato è un bel salto ed evidentemente non ha nemmeno una classe dirigente. Il problema è che Jalani è a capo di una delle tante fazioni islamiste presenti in Siria che per anni si sono ammazzate tra loro. Il rischio di una guerra tra bande alla libica è molto elevato quando partirà la gara tra fanatici a chi è più vero musulmano dell’altro Vi sono poi milioni di siriani moderati con nessuna intenzione di finire sotto un burqa anche culturale. Ma la deriva libica è uno scenario evidentemente considerato migliore del regime di Assad e l’unico fattibile nel breve periodo. Ed è così che l’odioso asse del male composto da Russi, Iraniani e Libanesi perde un pezzo prezioso e l’asse amorevole del bene guidato da Netanyahu non può che rallegrarsene. Israele rimane l’attore più prevedibile sulla scena, tagliati i rifornimenti ad Hezbollah riprenderà le ostilità alla prima occasione in modo da tentare di sradicare anche quel nemico. L’obiettivo di Israele è lo stesso da oltre settant’anni, annettere gli ultimi scampoli di Palestina senza che nessuno osi mettersi di mezzo e giocare un ruolo egemone nella regione coi soldi e per conto degli americani. Oggi la pulizia etnica palestinese ha poi una carta in più, quella di un territorio siriano allo sbando dove piazzare campi profughi. Ma può succedere ancora di tutto. Quello che al momento rischia di più è Erdogan, il suo è stato un azzardo perché i turchi sostengono la causa palestinese mentre lui se la fa con Netanyahu di nascosto. Quanto a Giordania ed Egitto ormai sono due contee americane ma sotto crescente pressione. Anche da loro, popolo da una parte, reggenti dall’altra e alla lunga sono i primi a prevalere. Non resta che attendere la reazione della Russia e dell’Iran, ma dai primi segnali sembra accettino la deriva libica della Siria che in fondo permette a tutti di prendersene un pezzo e farsi gli affari propri mentre le bande locali si scannano tra loro. Non resta quindi che augurare un ottimo lavoro al neo presidente Jolani e attendere sviluppi