Il ministro: “L’accordo non c’è ma è l’unica opzione per le Forze Armate in attesa del progetto Ue”. In corso la valutazione dell’Agenzia spaziale italiana, ma all’interno del governo restano perplessità

(di Filippo Santelli – repubblica.it) – Il ministro della Difesa Guido Crosetto parte ribadendo che l’Italia non ha firmato nessun accordo con Elon Musk. Ma poi sembra dire: non ancora. Perché dalle sue parole in Parlamento si capisce che l’ipotesi è sul tavolo, tutt’altro che sgradita: il nostro esercito «è obbligato» a integrare le sue infrastrutture di connettività con una soluzione satellitare come quella di Starlink; l’azienda di Musk è la più attrezzata per fornirla, se non l’unica; e potrebbe farlo «nelle more» di progetti alternativi europei o italiani.
La Difesa tifa Musk
Che la nostra Difesa, di fronte all’evoluzione della guerra connessa, sostenga l’intesa con Starlink era noto. Lo stesso Crosetto l’anno scorso ne ha visitato la sede e incontrato i vertici. La sua risposta al question time – interrogazione del leader di Avs Fratoianni – conferma, anche se il ministro è attento a parlare di valutazioni in corso su tutte le soluzioni di connettività satellitare disponibili «nel mondo», con uno studio che il Comint, il comitato interministeriale sullo spazio, ha affidato alla nostra Agenzia spaziale.
Qui però emergono dei distinguo, specchio di valutazioni sfumate anche nel governo sull’opportunità di affidare un’infrastruttura strategica a un monopolista privato di un Paese straniero, per quanto alleato, di proprietà di un imprenditore dall’inedito potere, sempre più leader social dell’internazionale sovranista. Lo studio che venti giorni fa il Comint presieduto dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, delegato allo Spazio, ha affidato all’Asi riguarda infatti la realizzabilità di una costellazione italiana, descritta come «pilastro strategico», non la valutazione di altre soluzioni sul mercato.
La costellazione europea
Sono due percorsi diversi per tempi e logiche. Uno più lento e trasparente, che punta a un’ipotetica infrastruttura tricolore o – più realisticamente – europea, quella Iris 2 per cui la Commissione ha appena siglato un contratto da 10 miliardi di euro con il consorzio di aziende che la realizzerà. E quello super accelerato che sembra aver imboccato il governo Meloni e che seguendo il ragionamento di Crosetto punta dritto all’accordo da 1,5 miliardi per cinque anni con Starlink, che come fornitura militare può essere gestito con trattativa diretta. «Le nostre forze armate hanno esigenza di comunicazioni affidabili – ha detto Crosetto –. I satelliti nazionali Sicral garantiscono copertura e banda limitate, quindi la Difesa è interessata, anzi forse obbligata a integrarli con satelliti di orbita bassa». Come quelli di Starlink. unica opzione citata, visto che l’Iris2 europea sarà realizzata «oltre il 2030».
Una scelta di campo
Sarebbe una soluzione sicura? Crosetto spiega che l’accordo con Starlink «non escluderebbe di gestire le cifrature (dei dati, ndr) con tecnologie proprietarie». Leonardo vede con favore l’integrazione dei suoi sistemi digitali con chi oggi domina satelliti e razzi. Ma un accordo del genere, per quanto temporaneo e motivabile con ragioni tecnologiche, economiche o con l’assenza di alternative, sarebbe per l’Italia – primo Paese Ue a siglarlo – una scelta di campo con gli Stati Uniti di Trump e Musk. Finendo per indebolire i progetti comunitari (aspiranti) concorrenti a cui lavora anche la filiera tricolore. La Commissione ha detto che affidarsi a Starlink è compatibile con la partecipazione al cantiere di Iris 2, ma a Parigi sono già mal di pancia.
Le spese militari
Tra Europa e Stati Uniti, del resto, si giocano altre partite decisive su Ucraina e Nato. Trump minaccia di costringere gli alleati a spendere in difesa il 5% del Pil, contro l’attuale 2 che Roma e altri neppure rispettano. «L’assemblea Nato deciderà dove fissare l’asticella – ha detto Crosetto – sarà più del 2%, che fatichiamo a raggiungere, ma non penso il 5, impossibile per quasi tutte le nazioni».