Autonomia – La destra vuole eleggere i nuovi membri della Corte già martedì: così potranno decidere sull’ammissibilità del quesito

(Di Giacomo Salvini – ilfattoquotidiano.it) – Accelerare. In fretta. Eleggere i quattro giudici già martedì per avere il controllo della Corte costituzionale entro lunedì 20 gennaio quando si dovrà esprimere sull’ammissibilità del referendum sull’autonomia differenziata. Magari provando a limitare i danni per il governo con una decisione che avrebbe del clamoroso: l’inammissibilità del referendum, dopo il via libera della Cassazione. È questa la strategia che l’esecutivo sta studiando per evitare una preoccupazione in più in primavera, cioè un referendum abrogativo sull’autonomia che possa impattare sulla tenuta del governo Meloni.
Non è un caso che la maggioranza abbia risposto “no” alla richiesta del capogruppo al Senato del Pd Francesco Boccia di posticipare la convocazione del Parlamento in seduta comune per giovedì 16 anziché martedì 14. La richiesta di Boccia è arrivata per le divisioni interne ai dem sulla scelta del proprio giudice, ma la maggioranza si è opposta perché se i quattro giudici dovessero essere eletti quel giorno non ci sarebbe il tempo materiale per dare la possibilità ai nuovi di insediarsi entro il 20. Se invece il Parlamento dovesse farcela martedì, i quattro nuovi giudici faranno in tempo a prendere la prima decisione sul referendum sull’autonomia. Ufficialmente il motivo della convocazione di martedì, decisa nella conferenza dei capigruppo alla Camera, è che si è sempre votato quel giorno per la Consulta. In realtà la ragione è tutta politica: fare presto.
Anche per questo i vertici dei partiti di maggioranza vogliono a tutti i costi eleggere i nuovi giudici martedì, chiedendo all’opposizione di trovare un accordo. Fratelli d’Italia ha già indicato il suo candidato nel consigliere giuridico di Meloni, Francesco Saverio Marini, mentre per il secondo nome della maggioranza si sta verificando un derby interno a Forza Italia tra il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, e il senatore Pierantonio Zanettin. Per quest’ultimo si sta spendendo uno sponsor particolare: il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Mentre cresce il costo delle bollette e Pichetto dovrebbe occuparsi di dossier ben più scottanti sull’energia, ha chiamato a uno a uno deputati e senatori di Forza Italia per chiedere di sostenere l’elezione di Zanettin scavalcando anche il segretario del partito Antonio Tajani che non si è ancora espresso.
Il motivo dell’attivismo di Pichetto è chiaro a tutti nel partito: il ministro dell’Ambiente spera che l’elezione di Zanettin alla Consulta possa liberare il posto per la prima dei non eletti nel suo collegio proporzionale in Veneto, l’ex senatrice Roberta Toffanin, fedelissima di Pichetto. Quest’ultimo l’ha nominata sua consigliera al ministero dal 31 marzo 2023 fino a fine mandato con uno stipendio di 60 mila euro all’anno, oltre a essere stata messa nel Consiglio di amministrazione del Gestore Servizi Energetici, società controllata dal ministero dell’Economia, a 10.950 euro.
Se dovesse essere eletto Sisto, invece, si dovrebbero tenere elezioni suppletive in Puglia per un seggio al Senato perché il viceministro della Giustizia è stato eletto nel collegio uninominale. Che diventerebbe a rischio per la destra visto che il governatore uscente Michele Emiliano sarebbe già pronto a correre. Su questo dossier non è tanto Tajani a decidere quanto il solito Gianni Letta, vero Richelieu delle trattative politiche. Un terzo candidato in quota Forza Italia non è escluso.
Gli altri due nomi invece sono ancora incerti: il Pd di Elly Schlein potrebbe puntare sul costituzionalista Andrea Pertici, che piacerebbe anche al M5S per le sue posizioni pubbliche sul conflitto d’interessi e sulla sua difesa della Procura di Firenze nel conflitto di attribuzione promosso dal Senato per l’acquisizione dei messaggi whatsapp di Matteo Renzi nell’ambito dell’inchiesta Open.
Ci sarebbero anche altri nomi in ballo tra i democratici (Massimo Luciani) e in caso di una donna, il quarto nome tecnico sarebbe l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. Oppure Valeria Mastroiacovo o l’avvocato generale dello Stato, Gabriella Palmieri Sandulli (consigliera del giudice in quota Lega, Massimo Antonini). Tutto dipende dal rispetto della “quota rosa” e gli incastri non sono facili. L’accordo tra maggioranza e opposizione non è ancora definito. Ma una cosa è chiara: la destra vuole chiudere entro martedì, per avere una Corte “più amica” il 20 gennaio.