Ci risiamo: buona parte dell’informazione si è rinnamorata di Matteo Renzi, la Diversamente Lince di Rignano. Questo paese non imparerà proprio mai. Sono bastati tre interventi […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano) – Ci risiamo: buona parte dell’informazione si è rinnamorata di Matteo Renzi, la Diversamente Lince di Rignano. Questo paese non imparerà proprio mai. Sono bastati tre interventi da furbetto compiaciuto al Senato per rimandare in brodo di giuggiole troppi esimi opinionisti, mai ripresisi dalla meravigliosa giornata – sempre sia lodata! – del 4 dicembre 2016. Nelle ultime settimane, nei giornali e nei talk-show, è tutto un dire che “Renzi è tornato”, “Come parla bene Renzi”, “Solo Renzi fa opposizione”, “È lui l’unico leader in grado di sconfiggere la Meloni”. Una badilata di bischerate da Guinness dei primati.
La fredda cronaca: ultimamente Renzi ha deciso di recitare la parte del fiero oppositore della Meloni. È – appunto – una “parte”, perché a Renzi non è mai importato nulla se non di se stesso. Il Mister Bean di Rignano ha semplicemente intuito che ora il ruolo da recitare è questo. E tanti boccaloni della carta stampata (il mondo reale ha da tempo smesso di considerarlo) gli vanno dietro. Questa perenne infatuazione per Renzi è spiegabile in vari modi: o con la propensione alla perversione di molti editorialisti, che evidentemente preferiscono il renzismo al feticismo (ognuno ha le deviazioni che si merita); o con interessi di bottega che evidentemente portano molti “professionisti” a tifare per il fu leader di Italia (non) Viva; oppure, e più semplicemente, con l’eterno amore che certi italiani provano per i furbetti vanagloriosi e vieppiù improponibili. Sia come sia, provare a rivalutare Renzi, spacciandolo addirittura come alternativa primaria al destra-centro ora al governo, è esattamente la maniera perfetta per far durare in eterno la Meloni (che non chiede di meglio di un “avversario” come quello lì) e per distruggere dalle fondamenta qualsiasi ipotesi di “campo largo”. I motivi sono evidenti, ma poiché in Italia la memoria storica dura tre secondi e la propensione alla dabbenaggine è fuori scala, urge ristabilire un minimo di verità.
Renzi piace a molti giornalisti, ma non piace a mezzo lettore. Portarselo in casa equivale a perdere sul nascere. In Parlamento sono tanti gli interventi efficaci dell’opposizione, solo che ve li mostrano molto meno di quanto non trasmettano le sbrodolate a favor di telecamera di Renzi. In politica due più due non fa quasi mai quattro. Se Renzi entrasse nel campo largo, porterebbe forse (e ribadisco forse) un 2%, ma toglierebbe almeno un 5/7% perché tanti elettori di M5S e Fratoianni deciderebbero di non andare a votare. Giovedì scorso, a Piazzapulita, è andato in scena uno scontro tra Renzi e Bocchino. Ecco: è esattamente quel tipo di sfida in cui tifi per l’arbitro. Se un giorno dovessi scegliere tra Renzi e Bocchino, opterei serenamente per una detartrasi con le bombe a mano. Renzi non ha alcuna credibilità politica e fidarsi di nuovo di lui è davvero da citrulli (o da spregiudicati interessati). Davvero non ci si ricorda più delle sue bugie? Dei suoi rapporti con Bin Salman? Di quel che ha fatto a Letta, Conte, Calenda eccetera?
Renzi è un uomo di centrodestra e sarebbe stato l’erede ideale di Berlusconi come leader di Forza Italia. Larga parte delle sue idee coincide con quelle di Tajani. Potrebbe andare d’accordo (purtroppo) con buona parte del Pd, ma non durerebbe più di sei secondi con Conte e Fratoianni, sia per motivi politici che personali.
Renzi non sta facendo opposizione alla Meloni: sta provando a riconquistarsi spazio mediatico, per poi giocare alla parte che preferisce: quella – si perdoni l’eufemismo – del “Messer Stocazzo che se la tira anche se ha meno voti di un’upupa lessa”. Nel momento esatto in cui tornerete a dargli credito, ricomincerà a far ciò che maggiormente sembra appagarlo: tradire la vostra fiducia. La vogliamo finire con questo teatrino squallido?