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Minacce al GreenStream, il gasdotto dell’Eni: Almasri e il ricatto della Libia al governo

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Il colosso energetico italiano è al centro della strategia dell’esecutivo di Tripoli per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia e l’Europa. In ballo tre nuove aree di esplorazione e 22 licenze per questo 2025. Le pressioni sulla diplomazia italiana a Tripoli per liberare il generale

(Youssef Hassan Holgado – editorialedomani.it) – Nel giorno in cui Osama Njeem Almasri è stato arrestato a Torino in attesa di vedere la partita tra Juventus e Milan, a Tripoli c’era chi si muoveva per riportarlo in Libia. A quanto risulta a Domani ci sono state sollecitazioni informali nei confronti di figure diplomatiche italiane per la liberazione di Almasri. E sempre nelle stesse ore, nella capitale si incontravano i manager delle più importanti aziende energetiche al mondo al Libya Energy & Economic Summit.

Ed è negli affari annunciati in quella kermesse che va anche ricercata la ragione della liberazione del torturatore libico arrestato lo scorso 19 gennaio. Per quel caso le opposizioni hanno annunciato che presenteranno una mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, mentre dall’Aia hanno avviato un’inchiesta sul governo italiano.

La decisione politica è legata anche agli investimenti presentati all’Al Nasr Forest Convention Center dove erano presenti: Eni, TotalEnergies (Francia), bp (Regno Unito), OMV (Austria), ConocoPhillips (Stati Uniti) e Repsol (Spagna). Tra tutte le società, però, quella protagonista è stata l’italiana Eni, sponsor di primo piano dell’evento. Nel rapporto finale del summit è tra le aziende più citate. E il GreenStream, il gasdotto che collega la Libia all’Italia approdando a Gela, è stato definito strategico dal ministro del petrolio, Khalifa Abdulsadek: «L’Europa ha bisogno di gas in questo momento, per questo il (gasdotto Greenstream) verso l’Italia è fondamentale. Abbiamo definito una strategia di esportazione del gas», ha detto.

Quel fine settimana mentre le autorità italiane cercavano di capire che fare con Almasri, l’Upstream director di Eni, Luca Vignati, annunciava i nuovi investimenti alla presenza dell’ambasciatore italiano Gianluca Alberini. Affari figli dello storico accordo dal valore di 8 miliardi di euro firmato nel gennaio del 2023 durante la visita della premier Giorgia Meloni e dell’ad Claudio Descalzi tra l’Eni e la compagnia statale libica Noc (National oil corporation).

E così, Vignati ha annunciato che l’azienda è pronta ad aprire nuove esplorazioni, sbaragliando la concorrenza della francese TotalEnergies. «In nessun altro paese avremo tre pozzi di esplorazione in tre diversi contesti nel 2025», ha detto Vignati. Non solo. Eni è interessata a partecipare al nuovo round di emissioni di licenze libiche che ci saranno in questo 2025 per ottenere il controllo di 22 blocchi onshore e offshore. Nella seconda parte dell’anno inizieranno anche le esplorazioni nel bacino di Ghadames al confine con l’Algeria, rimaste in sospeso da oltre dieci anni.

Il ricatto

Insomma, gli affari italiani in Libia sono enormi. E si fondano su buoni rapporti anche diplomatici. A questo si aggiunge quanto riferiscono autorevoli fonti libiche a Domani. E cioè che autorità paramilitari libiche avrebbero utilizzato canali informali per esercitare pressioni sul personale diplomatico italiano di alto profilo facendo leva sul GreenStream e chiedendo l’immediata liberazione di Almasri.

Contattata da Domani, la Farnesina ha risposto che l’Ambasciata d’Italia a Tripoli e il suo personale «non hanno ricevuto segnalazioni o richieste da parte libica». Osama Njeem Almasri è uno dei vertici delle Special deterrence forces, meglio note come Radaa, la quarta unità paramilitare più importante di Tripoli. I suoi uomini controllano il carcere di Mitiga ma anche parte dell’aeroporto internazionale. Sono conosciuti per essere senza scrupoli e pur di liberare uno dei loro capi sarebbero anche disposti ad attivare i loro contatti per usare il gas come leva di scambio.

Basta guardare alla grande accoglienza riservata ad Almasri una volta atterrato alle 21:32 a bordo del volo di stato italiano. Nei giorni successivi una festa si è tenuta tra cene, canti e balli per la sua liberazione. In Italia, invece, il governo Meloni ha protetto i suoi investimenti energetici.

Instabilità

Al momento il gas proveniente dal paese nordafricano è molto poco rispetto al fabbisogno giornaliero italiano a differenza di quello di paesi come l’Algeria. Ma il governo libico ha intenzione di aumentare la produzione viste le risorse. L’instabilità politica e lo scontro tra i due centri di potere, quello in Tripolitania di Abdel Hamid Dbeibeh e quello in Cirenaica del generale Khalifa Haftar, sfociato in lotte armate tra gruppi e milizie avevano finora rallentato i flussi degli investimenti verso il paese nordafricano. Era crollata la stabilità garantita dal regime di Muhammar Gheddafi che attraverso la repressione e una rete clientelare riusciva a tenere a bada i vari gruppi. Il processo di transizione politica della comunità internazionale è stato fallimentare, come dimostra la nomina avvenuta a fine gennaio del decimo inviato speciale designato dalle Nazioni unite dall’inizio della guerra civile.

Ora però gli equilibri sono cambiati. Le milizie e il governo sono consapevoli che possono usare l’energia come ricatto e arma. Dal 2011 a oggi decine di stabilimenti energetici sono stati presi di mira per ritorsione. Il Mellitah Complex, da dove parte il GreenStream, è stato attaccato più volte nel 2013, 2016 e 2020. Nell’aprile del 2021 alcune milizie provenienti da Zuwara hanno attaccato lo stabilimento per almeno due giorni come ritorsione per l’arresto di Abdul Rahman Milad, meglio noto come Bija, il trafficante di esseri umani ucciso in un attentato a settembre del 2024. Nel gennaio dello scorso anno il governo di Tripoli ha annunciato di voler rafforzare la sicurezza nello stabilimento di Mellitah, per evitare ritorsioni come sarebbe accaduto dopo l’arresto di Almasri. Il GreenStream e gli investimenti energetici italiani sono state alcune delle leve utilizzate per la liberazione del generale.


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